di Nicola AUCIELLO
Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume;
è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre;
è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco.
(J.L.Borges)
Viviamo un tempo fluido che produce segni che lo sono altrettanto: una riflessione sul tempo breve del progetto che inevitabilmente lascia un tempo lungo nella storia.
Il tempo è la sostanza di cui siamo fatti, è il nostro presente, è esattamente ciò che viviamo.
La città ormai è fluida, un continuo divenire, espandersi, stratificarsi; dunque anche gli interni si modellano a sua immagine, diventano spazi continuamente trasformabili: tutto è in funzione del movimento, quasi più nulla è fermo, stanziale.
Una vera e propria metafora di ciò che accade al di fuori dello spazio abitato.
Potremmo denominarla architettura fluida o circolare? Il concetto non cambia: trattasi di un’architettura viva, che pulsa, modellandosi sulle esigenze di chi la fruisce. Un’architettura aperta all’accoglienza ma che si possa chiudere per la difesa: in una metamorfosi continua.
Negli interni non esistono più spazi residui ma stanze che si snodano attraverso percorsi in cui l’elemento generatore è il fluire, il movimento. Architetture di interni senza spazi noti, ove però gli stessi siano ritrovati sempre lì, dove occorre siano.
Ne consegue che i passaggi di transito, anche negli interni, sono importantissimi: accolgono il dinamismo dell’uomo in continuo divenire.
Perché città liquide producono spazi e interni liquidi.