Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.
Italo CALVINO
Colpita dal terremoto dell’aprile 2009, la Città di L’Aquila ha riportato ingenti danni, costringendo a una grave delocalizzazione e al trasferimento immediato in nuove abitazioni realizzate fuori dal Centro Storico o in altre città.
La ricostruzione ha richiesto tempi non brevi. All’inizio dei lavori strutturali nell’aggregato del Centro Storico in cui si trova il palazzo oggetto dell’intervento, su incarico dei committenti, al Progettista sono state affidate la redazione del Progetto Architettonico e la Direzione dei Lavori.
Nella porzione del palazzo del millequattrocento – di circa 100 mq -, oltre ai danni causati dal sisma, al primo piano è stata evidenziata una potenziale vulnerabilità strutturale, causata dallo scavo di numerose nicchie nei muri portanti.
Il committente ha espresso al Progettista l’esigenza di avere, al primo livello, un’area living in uno spazio aperto e più ampio e una migliore distribuzione degli ambienti della zona notte, con l’aggiunta di un secondo bagno, al livello superiore.
Il Progetto ha risposto alla richiesta dei proprietari, con un intervento strutturale, che ha ottenuto quale risultato sia l’eliminazione dei tre vani piccoli e mal distribuiti e la realizzazione dell’open space, con terrazza sulla corte interna, sia una maggiore sicurezza strutturale dell’intero edificio.
L’intervento ha raggiunto questo duplice risultato con un difficoltoso intervento di demolizione dei due muri portanti, al piano primo, e con il contestuale inserimento di portali e travi di acciaio.
Durante i lavori di demolizione dei due muri, delimitazione del piccolo bagno e sostegno di una volta a padiglione e di una volta a botte, sono stati riportati alla luce i mattoni della seicentesca volta a botte, che, interamente ripulita, spazzolata, è stata lasciata a vista sull’ambiente cucina-pranzo.
Il Progetto, nella composizione degli elementi, nella struttura e nelle finiture, combina tocchi contemporanei con tracce che evocano la storia e la memoria del luogo.
Sui portali e sulle travi di acciaio, lasciati a vista, sui mattoni della volta, sul parquet nodoso e caldo e sulle cementine, si staglia un timbro rosso, in una tonalità tra cremisi e il carminio, che definisce, evidenzia ed esalta il volume che accoglie il servizio igienico e sul quale si arrampica la scala.
Dove era il vecchio camino, un volume pulito alloggia un camino bifacciale e fa da piccolo filtro tra la zona cucina-pranzo e la zona salotto. Rivestito con lastre a basso spessore e con una finitura volutamente invecchiata, richiama alla memoria l’intonaco scrostato e macchiato.
Per l’illuminazione sono state inserite sospensioni dalla struttura sottilissima, che lasciano vedere interamente la volta. Sorgenti di luce al LED riflettono indirettamente la luce su una superficie di vetro satinato e producono un’illuminazione diffusa, in modo che risulti tutto molto leggero.
Al secondo piano, il Progetto sviluppa una nuova distribuzione delle due camere e l’inserimento di un secondo bagno, sotto il soppalco della camera da letto delle bambine.
La camera padronale affaccia su una terrazza che domina Corso Federico II e tra le gru e la cupola della Chiesa delle anime sante offre alla vista uno scorcio di storia e di memoria.
R.B. – Lei è stata totalmente coinvolta dall’Architetto nelle scelte del Progetto, come descriverebbe questa esperienza?
S.P. – È stata un’esperienza molto bella, emozionante.
Siamo andati, insieme, alla scoperta di tutti i materiali. …è stato come se un sarto mi stesse cucendo un abito addosso. L’Architetto conosceva bene la mia passione per i materiali, mi ha accompagnata nelle scelte. Guidandomi, come, per esempio, nella scelta del parquet con questa finitura naturale, che inizialmente io non avrei scelto e che, invece, il Progettista mi ha fatto apprezzare.
Uno dei materiali che ho scoperto sono le graniglie di Grandinetti, che richiamano alla memoria il pavimento antico che in questa casa del millequattrocento trovammo nella prima ristrutturazione, nel 2008, coperto da un altro rivestimento. Quando l’ho visto, mi è sembrato di tornare alle origini, a quando i miei genitori acquistarono questo immobile.
Tengo molto a questo luogo. Terminammo la prima ristrutturazione nel febbraio del 2009, poi, ad aprile, con il terremoto, è venuto giù tutto.
R.B. – …E, soprattutto, cosa ha significato, per Lei, essere accompagnata dal Progettista nella costruzione della casa, che non costituisce semplicemente una nuova abitazione, ma rappresenta la riappropriazione della propria identità?
S.P. – Anzitutto, è stato divertente, perché siamo andati in giro a cercare i materiali ed è stato molto entusiasmante. …Poi, è stata una certezza che le nostre scelte di gusto avrebbero portato a questo accurato risultato progettuale. …La cura del dettaglio, la scelta dei colori, lo studio dell’illuminazione e questo abbinamento tra “modernissimo” e antico sono merito dell’Architetto. Ha fatto un lavoro davvero pregevole.
R.B. – Per Lei, qual è stata la fase più entusiasmante?
S.P. – Lo shopping!! La fase di scelta è stata quella più entusiasmante. …ma è stato bello assistere alla demolizione di questi muri che delimitavano i tre piccoli ambienti.
È stato un desiderio di mio marito creare uno spazio continuo in cui tutta la famiglia avrebbe potuto stare insieme. …mentre io sono in cucina, le bimbe possono guardare la televisione. Il Progettista ha risposto all’esigenza di mio marito e ha proposto una variante in corso d’opera, ha ottenuto l’approvazione del Genio Civile e questo intervento ha contribuito a rendere la casa notevolmente più sicura.
Da quando siamo rientrati in questa casa, non abbiamo più paura del terremoto. Questo intervento ha decisamente contributo a migliorare la sicurezza dell’edificio.
R.B. – Ricorda la sensazione che ha provato entrando in casa a lavori ultimati?
S.P. – Sì… Mi sono commossa e mi commuovo ancora adesso a ricordarlo… è stata una sensazione bellissima. Una grandissima emozione…
Dopo anni di pellegrinaggi negli alloggi del “Progetto Case”, mi è sembrato di tornare nella mia casa, nuova perché diversa, adattata ancora di più alle mie esigenze: quando siamo usciti da casa dopo il terremoto, eravamo in tre, la nostra figlia maggiore era piccola, ora, siamo rientrati in quattro, anzi, in cinque, perché c’è anche Pluto.
È stata una sensazione bellissima. Mio marito aveva paura del terremoto e mi aveva chiesto di vendere questa casa. Avevo quasi accolto questo suo desiderio, ma, al momento di firmare, non ce l’ho fatta, ho strappato i documenti e ho deciso di non venderla. Il cuore e l’istinto me lo hanno impedito.
Per molti anni, il mio pensiero fisso è stato tornare in questa casa con la mia famiglia. Tornare qui è stata la sensazione più appagante della mia vita. Questa casa è frutto dei sacrifici della mia famiglia, è stata acquistata dai miei genitori ed è stata per loro una grandissima soddisfazione vedere cosa siamo riusciti a realizzare.
Questa è la casa in cui io giocavo da bambina e che già a quell’età io desideravo come mia.
Per me, è stato come tornare alle origini.
V. – La nostra cameretta ci piace tanto. Sono felice. Aspettavo di tornare. La mamma mi ha aiutato a scegliere tutti i mobili e ho ascoltato tutti i consigli che la mamma mi ha dato, infatti, anche le cose che prima non volevo mettere nella mia camera, ora, mi piacciono tantissimo.
La figlia minore, Flavia, è più timida e si è limitata a sorridere, ma la mamma racconta che, quando, a scuola, la maestra ha chiesto ai bimbi di disegnare il ricordo più bello delle vacanze, Flavia ha disegnato il caminetto acceso e ha scritto che lei era finalmente tornata a casa.
R.B. – Qual e l’ispirazione di questo Progetto?
A.L. – Credo che la prima cosa sia stata affrontare il Progetto con assoluto rispetto. Ho cercato di leggere le indicazioni che il luogo mi ha dato, mediandole con le esigenze del committente e ho voluto realizzare un intervento che avesse una connotazione moderna, però che, nel totale rispetto, dialogasse con quelli che erano gli elementi storici presenti e con il contesto storico dell’intero immobile.
Abbiamo lavorato molto, non solo sugli spazi, ma anche sui materiali, sull’illuminazione, sui colori.
Ci sono degli inserimenti contemporanei nel Progetto: è stato inserito un volume nuovo, che è un contenitore per il piccolo bagno del primo piano e, al livello superiore, per un secondo bagno e un ripostiglio, molto utile in case di questo tipo in cui non si hanno mai spazi a sufficienza.
È di colore rosso. Abbiamo voluto dare una sferzata di energia in questi locali. Si è creato questo volume che è un elemento di collegamento, presente nella stessa forma, nei due piani, e ho voluto che questo elemento nuovo fosse visibile ed evidente, che fosse un quasi un oggetto di arredo, che caratterizzasse questa zona.
R.B. – Qual è stata la criticità maggiore del Progetto?
A.L. – La difficoltà maggiore è stata l’inserimento di quel sistema di travi. Siamo andati a fare un gioco di prestigio. Quei muri che abbiamo demolito sostenevano delle volte, quindi, abbiamo dovuto operare sulle due facce del muro, fino a ricollegare la struttura per poter, poi, demolire la parte del muro sottostante.
È stata un’operazione molto delicata e proprio il buon rapporto con i Progettisti e con il Direttore dei Lavori mi ha consentito di proporre questo tipo di sistema, che, nonostante le difficoltà di posa, si è rivelato utile per risolvere altre situazioni critiche, tra le quali, al primo piano, la scoperta di muri in falso, che non coincidevano con quelli del piano inferiore. …Ecco, questo intervento ha consentito di posizionare le travi in modo da intercettare i muri del piano inferiore, ripristinando l’allineamento strutturale.
Ho seguito scrupolosamente i lavori e l’Impresa ha operato con attenzione e grande qualità del risultato.
R.B. – Abbiamo parlato di criticità e risultati, il committente come ha affrontato la fase progettuale e la realizzazione del Progetto?
A.L. – Grande soddisfazione dei committenti, i quali sono stati da me coinvolti totalmente nel progetto, nella scelta dei materiali. Non c’è stata una scelta che non sia stata condivisa. In alcuni casi, ho dovuto cedere io, ma con piacere, perché i committenti sono perfettamente entrati nell’ottica del progetto, ne hanno da subito assimilato lo spirito.
Io ho lasciato deliberatamente un margine, perché ho voluto un che il progetto non fosse freddo, non fosse asettico o frutto dell’idea progettuale del solo Progettista. Ho voluto che fosse vissuto e condiviso dai committenti.
R.B. – Nella scelta di materiali e finiture, qual è stata la Sua esperienza d’acquisto da Viasolferino?
A.L. – Il committente è stato coinvolto nel progetto e nella scelta dei materiali, quindi, poterlo accompagnare in un atelier che offre ampia varietà di scelta e offre la possibilità di vedere e di toccare i materiali, consente di far avere al cliente un’idea del risultato finale molto prima della posa dei materiali.
Abbiamo toccato i pannelli di legno, i committenti si sono innamorati della finitura e della cementina fatta a mano in Tunisia, di color tabacco, molto intenso e molto elegante. …Del resto, la cementina era un tipo di pavimentazione tipica del territorio di L’Aquila, soprattutto all’inizio del secolo c’erano artigiani capaci di lavorarle e, anche se oggi questo artigianato si è perso, sono perfette come memoria storica.
R.B. – Un commento su questo lavoro
A.L. – È un lavoro che ho svolto con grande piacere. Raramente mi è capitato di incontrare committenti così disponibili, che si sono affidati completamente, consentendomi di intervenire e di interpretarli.